Outfit per le feste: tubino nero e fur jacket (The chili cool)

“Un abito è davvero un abito solo quando un uomo ha voglia di potervelo togliere”.

F. Sagan

Nero. La petite robe noire. Perché non si è mai troppo o troppo poco eleganti con un tubino nero. Palloncini giganti e zucchero filato come se non fossi già abbastanza felice. La femminilità sussurrata del non-colore. Sensualità: pura ed incontaminata. Sottile. In grado di raccontare di noi senza parola alcuna. Di impigliarsi nei frammenti di stoffa del nostro abito. E di restare impressa nella memoria, e nei ricordi, delle persone che incontriamo. Concedendoci anche qualche eccesso, ad alto tasso di glamour. Imparando a cogliere l’attimo, lontane da futili quanto pericolose distrazioni. Esatte proporzioni di spazio e tempo in cui la felicità è lì, a portata di mano. Piccole cose in grado di donare, fosse anche per un istante, un minuscolo quanto prezioso assaggio di infinito. Nero e oro. Magia tangibile da assaporare a meno otto da Natale e pensi che sì, anche se oggi sono dodici-gradi-dodici, è Dicembre. E potresti anche perdere per un po’ la cognizione del tempo, prese come siamo a pianificare e organizzare come se non ci fosse un domani. E dimenticarti che l’hai fatto di nuovo. L’ennesimo tubino, nero. Un letto e le lenzuola stropicciate. E tu che vestita di nero ti ci addormenti sopra. Nero. Sfrontato e bollente come le ossessioni, e a pensarci bene lo è. Come il caffè. Come l’anno che volge al termine. Perché c’è un briciolo di malinconia nell’aria, quel torpore della mente che segna la fine, una qualunque fine. C’è energia nell’aria, quella scarica di adrenalina che segna l’inizio, un qualunque inizio. Inciampo nelle lancette dell’orologio allineate sul parallelo del cuore, a mille miglia da qui. Chiudo gli occhi. Respiro. E prendo tempo. Il tempo di accelerare il passo per poi rallentarlo di nuovo, per sentire il rumore che si confonde con l’energia, per immortalare un istante che sa di film, per respirare quest’aria. Libera, illusoria, frenetica.

Black. The little black dress. Because you’re never too much or too little elegant with a little black dress. Giant balloons and cotton candy as if I were not already happy enough. Femininity whispered in the non-color. Sensuality: pure and uncontaminated. Thin. Able to tell something about us without any word. Among in the fragments of cloth of our clothes. And to stay in the memory, and memories, of people we meet. Allowing us some excesses, with a high rate of glamour. Learning to seize the moment, far from trivial as dangerous distractions. Exact proportions of space and time in which happiness is there, within reach. Little things that can give, if only for an instant, a tiny and valuable glimpse of infinite. Black and gold. Magic tangible to savor eight fdays before Christmas and you think that yes, although today there are twelve degrees, it is December. And you may even lose a little the sense of time, even if we are taken to plan and organize as if there were no tomorrow. And forget you have done it again. Yet another dress, black. A bed and the wrinkled sheets. And you, you that fallen asleep in those sheets. Wearing black. Bold and hot as obsessions, and I think this is one of these. Like coffee. As the year draws to a close. Because there is a bit of melancholy in the air, that torpor of mind that marks the end, any end. There is energy in the air, the adrenaline rush that marks the beginning, any beginning. Stumbling in the hands of the clock on the parallel line of the heart, a thousand miles from here.I close my eyes. And I breathe. It’ll take time. Time to pick up the pace and then slow it down again, to hear the sound that mingles with the energy, to capture a moment that smacks of film, to breathe this air. Free, illusory, frantic.