Adaline – L’eterna giovinezza

Ebbene sì, lo confesso: sono un inguaribile romantico (una vera iattura, visto come al giorno d’oggi i sentimenti, lungi da me il voler generalizzare, volgono verso la “praticità”) e in quanto tale non potevo salutare che con gioia un film idoneo a visualizzare, ricordando i cari “vecchi” melodrammi made in Hollywood, quella particolare atmosfera, suggestiva e poetica, capace di unire fantasia e realtà, raziocinio e sentimento, all’interno di una plausibile, drammatica, concretezza.
Il tutto avvolto da un senso d’irrazionale magia, conferente ad elementi quali il caso o le coincidenze un sentore fiabesco alle nostre esistenze sempre più standardizzate. E’ quanto ho rinvenuto nel corso della visione di Adaline-L’eterna giovinezza, diretto da Lee Toland Krieger su sceneggiatura di J.Miss Goodloe e Salvador Paskowitz. Il regista, puntando in particolare sulla splendida interpretazione della protagonista, Blake Lively, ha saputo mettersi al servizio di una valida scrittura, capace di giocare, con fare sornione, su diversi paradossi, temporali in primo luogo, spiegati attraverso un’apparente plausibilità scientifica, sottolineata da una voce fuori campo in funzione di misterioso narratore.

Blake Lively (Movieplayer)

Va quindi in scena la storia di Adaline Bowman (Lively), elegante ed affascinante donna sulla trentina, che vive a San Francisco, in un appartamento a Chinatown, città dove lavora, impiegata presso una biblioteca.
La circostanza che si rivolga, sempre con soave grazia e fascinoso savoir- faire, ad un giovanotto particolarmente abile con l’informatica per ottenere dei documenti identificativi falsi, potrebbe però far supporre qualche altra, misteriosa, attività. In realtà Adaline, ora Jennifer Larson, è nata il primo gennaio del 1908, si è sposata a ventuno anni, unione allietata dalla nascita di una bambina, Flemming, per quanto la felicità venisse interrotta dalla prematura scomparsa del marito. Nell’anno 1935, in una sera d’inverno insolitamente nevosa, per la California, Adaline perdeva il controllo della sua auto e finiva in un fiume. Entrata in anossia causa la bassa temperatura, il battito cardiaco riprendeva il suo corso una volta che un fulmine andava a colpire il veicolo, una scossa elettrica capace inoltre, evento allora inspiegabile, di bloccare il decorso naturale del tempo, condannandola a “restare immune dai suoi danni”.

Michiel Huisman (Movieplayer)

Man mano che gli anni passavano, l’aspetto esteriore della donna non poteva che destare sospetti ed un semplice controllo della patente, cui seguiva una richiesta di accertamenti, diveniva sufficiente a farle capire quanto la propria vita fosse mutata, prigioniera nello stato dimensionale dell’eternità. Tale condizione le consentiva certo di apprendere, e far propri, pur non vivendoli in pieno ma semplicemente assecondandone il fluire, tutti i cambiamenti che lo scorrere temporale porta inevitabilmente con sé, fra innovazioni tecnologiche, nuove scoperte e mutazioni nella moda o all’interno del costume sociale. Escluso a priori ogni legame sentimentale duraturo o potenzialmente tale, l’unico rapporto di Adaline è quello con la figlia, ormai ottantenne (Ellen Burstyn), depositaria del segreto; tutto sembra filare liscio, fin quando un fortuito incontro con l’ affascinante filantropo Ellis Jones (Michiel Huisman)…


Mi ha piacevolmente sorpreso e, perché no, affascinato, l’arguto avallo da parte di scrittura e regia nel tenere in piedi la credibilità logica dell’iter narrativo, delineando in particolare un simbiotico rapporto emotivo con il personaggio di Adaline, ben reso, riprendendo quanto già scritto, dalla Lively, la quale può vantare una notevole presenza scenica, che mi ha ricordato, non vi scandalizzi l’apparente ardito confronto, Katharine Hepburn.
E’ lei a rendere credibile ogni singolo evento, grazie ad una naturale mescolanza d’ironico distacco, malinconia e profondo senso di solitudine, che la pone coerentemente fuori dal tempo nel suo modo di relazionarsi col prossimo.
La modernità viene comunque espressa grazie al sapersi evolvere dando uno sguardo al passato, considerando quanto quest’ultimo le abbia permesso di accumulare tutta una serie d’esperienze. L’apparente contrasto non può che destare ammirazione, curiosità e ammaliamento in chi, dotato anch’esso di una certa sensibilità dal sapore “antico” (il bel personaggio di Ellis, pure lui estraniato dall’epoca di appartenenza, ma per indole e scelta di vita), ne sappia cogliere ed apprezzare ogni singola sfumatura.

Huisman e Lively (Movieplayer)

Nella piacevole alternanza di toni ironici e drammatici (particolarmente riuscita, fra le più belle scene del film, il confronto tra madre e figlia, un capovolgimento dei ruoli idoneo a parecchie riflessioni su quanto convenga arrendersi al passare degli anni), la pellicola riesce anche ad evitare una meccanicità didascalica nel presentare i vari accadimenti, tanto che i flashback, una volta tanto, s’inseriscono funzionalmente nel narrato, come spontaneo sorgere dei ricordi nella mente di Adaline. Avvolto dalla calda fotografia di David Lanzenberg, con una vivida eleganza resa da scenografie (Claude Parè) e costumi (Angus Strathie), ovviamente mutanti nel corso degli anni, puntualmente connotato dall’incedere sonoro (Rob Simonsen), Adaline-L’eterna giovinezza si sostanzia, ad avviso di chi scrive, come una pregevole realizzazione.
Notevole soprattutto la coerenza stilistica perseguita fino in fondo nel dare adito alla plausibilità dell’incredibilità, anche a costo di un lieto fine in apparenza forzato (ma l’ultima sequenza, poco prima dello stacco sui titoli di coda, è geniale).

Harrison Ford (Movieplayer)

Krieger riesce a conferire pregnante corposità tanto al tema del tempo come un qualcosa di cui disporre a proprio piacimento a seconda delle circostanze, gestendone ogni attimo e frammento, sia in quanto alterazione dell’ordine naturale delle cose, nell’illusione di fermarne lo scorrere ricorrendo a stratagemmi estetici. Si ritorna artificiosamente indietro negli anni, mai salvi, però, dal rimpianto di non averli vissuti in pieno (l’anelito d’amore andato perduto, rappresentato dal personaggio del padre di Ellis, un Harrison Ford bravo a darvi congruo rilievo), che può trovare compensazione solo nel presente vissuto qui e ora, insieme alle persone amate, con le quali si è cresciuti condividendo ogni momento dell’incedere terreno.
Per quanto banale possa apparire, assecondare il fluire temporale, accettarne ogni variazione sul tema, volenti o nolenti, insieme alla capacità di attingere dal proprio passato per vivere meglio il presente, possono rappresentare il segreto di un gioventù idealizzata e funzionale nell’andare incontro all’eternità.

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Guido Gozzano

Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state… (da Cocotte, Guido Gozzano)


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