Lily James (Movieplayer)
Si rende opportuno latore al riguardo il regista Kenneth Branagh, con la sua direzione attenta a valorizzare ogni particolare della straordinaria e sontuosa scenografia opera di Dante Ferretti (ulteriore risalto è poi offerto dalla vivida fotografia di Haris Zambarloukos, la quale occhieggia non poco tanto al Technicolor quanto al Cinemascope dei tempi d’oro), così come le interpretazioni di ogni singolo attore, soffusamente “leggera” ed ariosa (gli splendidi campi lunghi iniziali, il volgere fluido verso i primi piani, la maestria rivelata in particolare nella incantevole scena del ballo, dove spicca l’illuminazione a lume di candela); rimarchevoli poi il lavoro della costumista Sandy Powell (idoneo a correlare abito- personaggio) e il commento musicale di Patrick Doyle. Ma andiamo con ordine e proviamo a raccontare la trama, per quanto nota, di questa fiaba senza tempo, la quale non può che iniziare così… C’era una volta, in un regno lontano, una graziosa bambina di nome Ella, che viveva felice con i suoi genitori in un’agiata dimora circondata da una grande tenuta ai limiti del bosco. Man mano che cresceva, Ella sviluppava una personale concezione dell’esistenza, ovvero vedeva il mondo non per come era, ma come avrebbe dovuto essere, confortata al riguardo dagli insegnamenti materni, “sii sempre gentile e coraggiosa, perché dove c’è gentilezza c’è bontà e dove c’è bontà c’è magia”.
Cate Blanchett (Movieplayer)
Una dote certo particolare, che le sarà d’aiuto quando, col cuore gonfio di dolore, dovrà dare l’ultimo saluto proprio alla madre, promettendole di non disattendere mai i suoi consigli. Sarà dura però mantenere tale buono proposito qualche anno più tardi, una volta che, ormai adulta (Lily James), il padre le comunicherà l’intenzione di risposarsi con Lady Tremaine (Cate Blanchett), vedova con due figlie, Anastasia (Holliday Grainger) e Genoveffa (Sophie McShera). Purtroppo per Ella anche l’amato genitore, commerciante di tessuti, perirà nel corso di un viaggio e la matrigna, licenziata la servitù per limitare ogni spesa, le riserverà il ruolo di sguattera tuttofare per lei e le sue “gioie”, affibbiandole il nomignolo di Cenerentola, visto che il suo bel viso, dormendo vicino al camino, è sempre sporco di cenere.
Un po’ di conforto la sempre soave ed indomita fanciulla lo avrà in seguito all’incontro fortuito nel bosco con tale Kit (Richard Madden), apprendista al palazzo reale, col quale sembra palesarsi una felice comunione d’intenti. L’occasione per rincontrarlo potrebbe essere l’annunciato gran ballo a corte, aperto al popolo per volere del principe, ma la matrigna e le perfide sorellastre faranno sì che Ella non possa prendervi parte, strappandole un abito di sua madre messo a nuovo grazie all’aiuto degli amici topini…
Richard Madden (Movieplayer)
Mai disperare Cenerentola … Ricordi? “Sii sempre gentile e coraggiosa…”
La stessa gentilezza che ora manifesti nei confronti di una vecchia mendicante che ti chiede aiuto, la quale, magia, si rivelerà essere la tua Fata Madrina (Helena Bonham Carter, un divertente, e divertito, cameo)…
E così, bibbidi bobbidi boo, una zucca si trasformerà in una luccicante carrozza, un’oca sarà il cocchiere, i topolini diverranno scalpitanti destrieri, due lucertole saranno i tuoi valletti, uno splendido abito ti vestirà e ai piedi ecco pronte due scarpette di cristallo (a detta della Fata sono anche comode)… Ora puoi andare incontro al tuo sogno, ma ricordati che allo scoccare della mezzanotte…
I non pochi dubbi che nutrivo rispetto all’ennesima trasposizione filmica di una fiaba, riprendendo quanto scritto ad inizio articolo, si sono sciolti come neve al sole fin dalle prime sequenze di Cenerentola, restando piacevolmente affascinato (sì, in più di una scena mi sono anche commosso, nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo) dalla resa felicemente sinergica di sceneggiatura e regia nel rappresentare un’aura romanticamente fascinosa e come sospesa nel tempo, mantenendosi distanti da toni accondiscendenti o mielosi nel tentativo, riuscito, di conciliare realismo, poesia, ironia ed umanità, attingendo comunque dall’assunto originale della bontà d’animo e conseguente gentilezza verso il prossimo.
Helena Bonham Carter
Quanto scritto palesa la sua evidenza grazie alla compiuta caratterizzazione dei personaggi, a partire da Ella/Cenerentola, ben resa da Lily James, bellezza “fresca” e genuina, la quale grazie al personale mantra sviluppa una crescita interiore a tutta prova, un suggestivo percorso di autodeterminazione idoneo sia a permettergli di affrontare e superare ogni avversità che la vita le presenta, sia di volgerle comunque a suo favore, magari apportando dei mutamenti benefici in quanti incontrerà nel corso del proprio cammino e vogliano condividere la sua concezione della vita. E’ ciò che avviene nella bella scena dell’incontro con Kit (un principe lontano dallo standard del bel bietolone): due perfetti estranei, l’una non sa niente dell’altro, ma dal dialogo che ne scaturirà l’interazione fluirà sempre più spontanea, lasciando intendere una possibile compartecipazione emotiva. Molto bello anche il confronto fra la pulzella e la matrigna, quest’ultima “perfida con un motivo” (una Blanchett a dir poco strepitosa, lontano da qualsivoglia caricatura nel rappresentare una dark lady che mi ha ricordato la Gloria Swanson/Norma Desmond di Viale del tramonto, Sunset Boulevard, 1950, Billy Wilder): entrambe hanno subito delle perdite dolorose, ma le burrasche sono state affrontate con piglio diverso, nel caso di Lady Tremaine ricorrendo ad un acre sarcasmo e ad un cinismo “pratico”, da sopravvivenza quotidiana, covando rancore per quanti, come la figliastra, esternino comunque sentimenti quali amore e perdono.
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